Kim Kardashian e il marchio Kimono: la polemica

Qualche giorno fa Kim Kardashian West ha deciso di lanciare la sua linea di shapewear dedicata a donne di fisicità e toni di pelle differenti. È un progetto a cui lei lavora da molto tempo, fatto per donne dalla taglia XXS alla 4XL, distribuita in diverse colorazioni, proprio perchè, come spiega lei stessa: “Ho spesso tagliato il mio intimo contenitivo per adattarlo agli outfit e non sono mai riuscita a trovare un colore che si fondesse con la tonalità della mia pelle (per risultare invisibile sotto gli abiti). Molte di noi avevano bisogno di una soluzione a tutto questo“.

Kim Kardashian e il marchio Kimono: la polemica

Tutto nella norma fin quando la celebrity non ha presentato il nome della sua linea che ha subito generato una gran polemica. Il marchio prendeva infatti il nome di “Kimono Solutionwear” ma il riferimento al tipico abito tradizionale giapponese avrebbe scatenato una serie di commenti negativi contro la Kardashian. La paura generale era quella la parola “kimono” potesse venire identificata da questo momento in poi come parte integrante della linea di Kim e non della cultura giapponese. Difatti persino il sindaco di Kyoto, Daisaku Kadokawa, ha inviato una lettere formale alla star, chiedendole di ritirare la domanda di deposito del marchio, scrivendo:” Il kimono è un abito etnico tradizionale, coltivato nella nostra ricca natura e storia con gli sforzi e gli studi dei nostri predecessori, ed è una cultura che è stata coltivata e tramandata con cura nella nostra vita…Pensiamo che il nome “Kimono” sia una risorsa condivisa con tutta l’umanità che ama il Kimono e la sua cultura, quindi non dovrebbe essere monopolizzato“.

La risposta di Kim tramite il New York Times in cui diceva di non aver mai voluto mancare di rispetto alla tradizione giapponese, è servita a ben poco. “Comprendo e nutro un profondo rispetto per il significato del kimono nella cultura giapponese e non ho intenzione di disegnare o lanciare nessun capo d’abbigliamento che somigli o in qualche modo disonori questo capo tradizionale. Ho deciso di chiamare così il brand, non per dissociare la parola dalle sue radici giapponesi, ma per lodare la sua bellezza e il dettaglio che compone un capo. Registrare il marchio è un modo di identificarmi che mi permetterà di usare la parola per la mia linea di body e intimo, senza precludere né limitare nessuno, nel fare kimono o usare la parola kimono in riferimento all’indumento tradizionale – afferma la moglie di Kanye West, che non intende rinunciare all’approvazione del suo marchio.

Ad ogni modo pare che seppure Kim riuscisse ad ottenere la concessione del nome, i suoi diritti sul brand “Kimono” sarebbero legalmente limitati. Tra l’altro nonostante la spiegazione del suo punto di vista in molteplici interviste, Kim è stata accusata sul web da più voci, come quella di: Yuko Kato, redattore giapponese di BBC News, il quale ha definito la linea “sconcertante, se non del tutto culturalmente offensiva”; Victoria & Albert Museum, dopo aver sottolineato quanto il kimono sia ricco di storia e di cultura, hanno detto di ritenere la scelta di Kim “ignorante” con un tweet. Sono Fukunishi ha persino lanciato in opposizione al progetto della star l’hashtag #KimOhNo e aperto su Change.org una petizione che ha già ottenuto numerose firme.

Se la scelta della celebrity non sia stata realmente frutto di mancanza di cultura ma un’abile mossa di marketing, allora tanto di cappello! Perchè questa polemica ha posto la sua linea tra i top topic su magazine e social media.